Quattro linguaggi si incontrano, e offrono il proprio contributo ad una creazione “time & site specific”, nata al tempo dell’isolamento, ma diventata via via un cantiere di ricerca articolato e complesso.
Una storia (di Simone Giorgi) di solitudini che si rincorrono da una parte all’altra delle pareti, sul filo di grandi brani di repertorio (Ludwig van Beethoven) o di musiche scritte per l’occasione (da Fabio Massimo Capogrosso).
Ecco lo spunto per la ricerca coreografica (di Saul Daniele Ardillo) intorno al corpo di danzatori, che sono isolati da un’epidemia nella primavera del 2020, ma potrebbero esserlo in qualsiasi primavera della loro (e nostra) vita. Sotto lo sguardo e al ritmo del montaggio di Valeria Civardi. Con le suggestioni di un’opera pittorica di Luisa Rabbia, evocativa e materica al tempo stesso.
La Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto di Reggio Emilia e La Toscanini di Parma lavorano insieme nei mesi di maggio e giugno 2020 per una “(video)creazione musicale e coreografica” con i danzatori della compagnia e i musicisti della Filarmonica Arturo Toscanini, con il sostegno della Collezione Maramotti e la collaborazione produttiva di Ravenna Festival.
Questa nuova “creazione a distanza” debutta il 25 giugno 2020, ore 21.15, su Rai5.
THE OTHER SIDE
Concept Saul Daniele Ardillo e Simone Giorgi
Coreografia Saul Daniele Ardillo
Dramaturg Simone Giorgi
Filmmaker – montaggio video Valeria Civardi
Musica Ludwig van Beethoven (Sonata in mi bemolle maggiore n. 26 Op. 81 “Les adieux” – II movimento – Andante Espressivo; Trio in do minore n. 3 Op. 1 – IV movimento – Finale Prestissimo; Sinfonia in la maggiore n.7 Op. 92 – trascrizione per trio – II movimento – Allegretto)
Composizione originale Fabio Massimo Capogrosso
Con la collaborazione di Collezione Maramotti, Reggio Emilia
Si ringrazia Luisa Rabbia per l’opera
LOVE
2017
matite colorate, acrilico, impronte digitali su tela 274 x 513 cm
© Luisa Rabbia
Danzatori Noemi Arcangeli, Damiano Artale, Estelle Bovay, Hektor Budlla, Martina Forioso, Clément Haenen, Philippe Kratz, Ina Lesnakowski, Grace Lyell, Ivana Mastroviti, Giulio Pighini, Roberto Tedesco, Hélias Tur – Dorvault, Serena Vinzio
Musicisti Mihaela Costea (Violino), Pietro Nappi (Violoncello), Orazio Sciortino (Pianoforte)
Ideazione progetto Gigi Cristoforetti & Alberto Triola
Coordinamento artistico Sveva Berti, Andrea Pecchio, Giulia Bassi
Produzione Rossella Caldarelli & Giuliano Scalisi
Direttore Tecnico Marco Palermo
Comunicazione Raffaele Filace & Maddalena Massafra
Ufficio Stampa Stefania Catellani & Giulia Bassi
E tutto lo staff di Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto e di La Toscanini
Premiere 25 giugno 2020, Rai5
Una produzione Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto e La Toscanini
Con il sostegno di Collezione Maramotti, Reggio Emilia
In collaborazione produttiva con Ravenna Festival
Produzione esecutiva Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto
Sponsor ADAM shoe design
Trovare parole per descrivere un’esperienza o un processo artistico mi è sempre parsa un’impresa ardua.
Ho sempre preferito immagini, movimenti o melodie che esprimessero sensazioni vissute… quindi proverò a percorrere questa strada.
Sentivo che tutti gli artisti coinvolti in questo progetto viaggiavano su tanti binari paralleli, ma tutti alla stessa velocità, tutti con la stessa intenzione. Paradossalmente questa situazione di rallentamento, chiusura e isolamento ha creato un effetto contrario: ci ha insegnato a comunicare, quindi ha acuito l’ascolto e l’empatia. È stato “facile” ma soprattutto divertente insegnare movimenti in videoconferenza, per la gioia di farlo ma anche per la gioia di vedere empatia nel farlo.
La stessa esperienza si è verificata con il compositore Fabio Massimo Capogrosso, gli sono bastate due telefonate per capire l’idea del progetto e scrivere un piccolo capolavoro.
È proprio come ciò che si racconta sulla cecità, acuisce gli altri sensi.
Saul Daniele Ardillo
Come restare uniti? Come restare insieme anche durante questa forzata separazione?
Questo progetto di video/danza parte da qui, dalla voglia di costruire un’opera che unisca il linguaggio dei corpi, quello della musica e quello audiovisivo, per restituire al pubblico e a noi stessi quell’idea di insieme – di essere insieme e di essere un insieme, un tutto vivo superiore alla somma dei suoi componenti – che cerchiamo nella danza.
Siamo partiti da un’immagine semplice. Un muro che separa due stanze. Un muro che separa due persone: due esseri umani in due stanze attigue ma non comunicanti, se non per quello stesso muro che le divide. Due esseri umani vicinissimi eppure irraggiungibili l’uno all’altro.
È un’idea che avremmo potuto realizzare in teatro, con un muro a separare due performer. Un’idea che, pensando a un prodotto audiovisivo, anche oggi, con le limitazioni che abbiamo, è realizzabile quasi come se quelle limitazioni non ci fossero, e al contempo proprio in virtù di quelle limitazioni si carica di senso: in un prodotto audiovisivo, affinché due persone appaiano separate da un muro, non serve che siano davvero una al di qua e una al di là di uno stesso muro, basta che siano riprese e montate nel modo giusto.
Sarà il montaggio, e dunque gli occhi dello spettatore, a tenere insieme ciò che insieme non è. Saranno gli occhi dello spettatore a permetterci di esserlo ancora, insieme. A mostrarci cosa siamo sempre stati. Cosa vogliamo tornare a essere.
Simone Giorgi
Nel riprendere la collaborazione con La Toscanini, dopo la forzata interruzione, sono felice poter lavorare insieme ad una compagnia di così alto livello come Aterballetto per una produzione che coinvolge tre espressioni artistiche: danza, musica e videoproiezione. Ci voleva, proprio! Mi ha dato coraggio, mi sta facendo sentire vivo!
Tra i tanti spunti che la drammaturgia suggeriva c’è senz’altro un doveroso omaggio alla figura di Beethoven, la cui musica è alla base della coreografia di Daniele. Per me, autore dell’ultimo quadro, questo pensiero si è tradotto concretamente in una citazione: un inciso ritmico dello Scherzo della Sinfonia n.9. Il percorso coreografico è espresso da momenti di grande smarrimento, alienazione, frustrazione e rabbia causate dall’ impossibilità di comunicare e da ultimo, per quanto mi riguarda, prendendo a prestito l’esempio beethoveniano, ho cercato di esprimer l’idea del superamento di questo dolore, attraverso la musica. Così da un linguaggio percussivo e fortemente dissonante passiamo a momenti di maggiore apertura e luminosità.
Amo scrivere per la danza, mi viene naturale direi, in quanto tutti i miei lavori si fondano su “gesti” musicali piuttosto evidenti, “gesti” che il coreografo o il danzatore (e non solo) possono cogliere con facilità. Il costante confronto con Daniele attraverso l’invio di clips video, lo scambio di idee e riflessioni, è stato fondamentale per poter conoscere in profondità la sua idea drammaturgica e coreografica.
Ribadendo la naturale comunicatività della mia musica, esiste tuttavia una sostanziale differenza tra altre mie opere, dominate per lo più da armonie e tinte scure, e questo lavoro che esige anche atmosfere luminose. La ricerca di un linguaggio per certi versi distante dal mio universo sonoro è stata una sfida estremamente stimolante.
Il senso del dramma, del limite e della volontà di superarlo sono espressi anche da un virtuosismo strumentale che gli esecutori affrontano con grande maestria.
Fabio Massimo Capogrosso
Quello con La Toscanini è un dialogo già iniziato, che ci interessa particolarmente. In questo periodo non stiamo facendo quasi nulla di ciò che avevamo previsto. Un disastro dal quale non ci facciamo piegare, e ne approfittiamo per approfondire dimensioni artistiche alle quali teniamo moltissimo, per le quali non c’era mai tempo. La videodanza, in particolare, ci permette di rapportarci con nuovi pubblici, e il dialogo interdisciplinare è una delle scommesse più importanti della contemporaneità. Per questo sono particolarmente felice che Ravenna Festival, nostro partner stabile, ci accompagni nel momento in cui dobbiamo rimandare la prima del Don Juan (che era prevista in giugno al Teatro Alighieri di Ravenna), e che anche la Collezione Maramotti sia nostro complice, aggiungendo un linguaggio e un’artista al progetto.
Gigi Cristoforetti
Direttore generale – Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto
L’occasione di collaborare con la Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto è capitata in un momento particolare, anche se l’idea di farlo, a lungo raggio, era già stata avviata mesi prima. Il progetto mette in gioco energie creative in senso stretto. Insieme alla compagnia di danza partecipano tre nostri musicisti e oltre l’omaggio a Beethoven, presenta anche la musica di Fabio Massimo Capogrosso (nostro compositore in residenza per questa Stagione) con un’opera appositamente pensata. In tempo di isolamento, la nuova creazione accoglie per poi sprigionare una forte tensione che si trasforma nella tensione armonica di un’anima chiamata a trovare e a trovarsi con tutte le altre voci coinvolte: musicisti, danzatori e pubblico.
Alberto Triola
Sovrintendente e Direttore artistico – La Toscanini
Il grande dipinto Love di Luisa Rabbia fa parte di una trilogia dal titolo Love-Birth-Death su cui l’artista ha lavorato nel 2016-2017 ed è stato esposto per la prima volta in una mostra personale alla Collezione Maramotti da ottobre 2017 a marzo 2018.
Nella sua opera Rabbia riflette sulla condizione esistenziale, sulla connessione fra gli esseri umani e l’ambiente che li circonda.
I suoi lavori evocano membrane composte da ragnatele di segni leggeri che convivono con improvvise amputazioni e rotture, con linee decise, con impronte che ci conducono all’interno di una nebulosa, di una fluida struttura organica al contempo intima e sociale.
L’impiego del colore blu rimanda a mondi interiori, al sangue nelle vene e alla linfa che scorre in radici profonde, ma il blu è anche il colore di una pelle universale che si estende fino a diventare un sottile e fragile paesaggio.
Rabbia ha intensificato l’inscrizione del microcosmo subcoscienziale umano/vegetale/terroso dei dipinti del 2014-15, nel suo ultimo progetto – Love, Birth, Death: copula, nascita, morte – con una potenziale iconografia macrocosmica. L’espansione tematica ha, forse necessariamente, un correlativo fisico in quella pittorica: Love (2017) è una tela di 274×513 cm che, per tutta la sua diagonale (una misura perciò superiore a quella della larghezza), è occupata da due corpi iperumani così incastrati l’uno nell’altro che se si provasse a unire in un diagramma i loro punti estremi essi formerebbero l’equivalente di un albero sefirotico.
Love immagina (mette in immagine) la coppia iniziale/iniziante, una copula di terra e cielo: la donna fatta di terra, vegetazione, humus, radici; l’uomo un corpo etereo, fatto di polvere stellare – non ancora emersi dal Chaos, anatomie indistinte, sospese in uno spazio e in un tempo non ancora divisi in modalità opposte, attraversati come una saetta/tronco d’albero dall’asse del mondo.
Per misurarne la temperatura archetipa/futura, Love deve essere messo in contrasto con l’iconografia/cosmologia egiziana, dove il cielo (Nut) e la terra (Geb) sono separati dal dio-sole, Ra. Nella figurazione del mito egiziano, divenuta ormai parte dell’immaginario pop contemporaneo, Nut è la donna nuda piegata ad arco che impersona la volta celeste, mentre Geb è l’uomo disteso a terra con il sesso eretto. Nel dipinto di Rabbia, si deve pensare la coppia originaria come in uno stato antecedente ogni divisione dell’essere nelle dualità che il tempo istituisce.
I corpi in love di Love lievitano/affondano dentro un amnio pittorico stellare/vegetale/acqueo, innestati in una non-alterità; le gambe piegate e incrociate in forma di X (la strategia del ragno secondo il Kamasutra?), mentre le mani strette tra loro disegnano con le braccia un quadrangolo per così dire bitorsoluto: i due torsi formano opposti angoli acuti, mentre le mani si intrecciano in contrapposti angoli ottusi. La testa della donna, in stato di espansione, affonda nell’angolo sinistro in basso; quella dell’uomo, in stato di contrazione, schizza verso l’angolo destro in alto. I due torsi si incastrano – con le gambe della donna entrambe piegate, mentre una gamba dell’uomo è distesa – rimanendo anatomicamente indifferenziati (unico dettaglio esaltato sono gli eccessivi capezzoli), per alludere forse a un’androginia originaria/finale. Sono corpi di una consistenza plasmatica, nebulose antropomorfiche in corso di divenire pienamente umanità, corpi eterici in via di accedere al corpo astrale, o viceversa. La Bibbia non avrebbe un nome per loro, implicano uno stato pre-adamitico ma allo stesso tempo da secoli, anzi da millenni, sono inscritti nella storia, che è la storia della pittura.
La spina/lisca di energia nera che traversa diagonalmente e congiuntamente i corpi, axis sia fisico che metafisico del dipinto, ed era apparsa in NorthEastSouthWest in uno stato embrionale, qui converge analogicamente con l’energia mistica/misterica che kundalini genera in corpi intrecciati nell’estasi tantrica, diventa l’albero della vita interiore. Il cielo liquido, l’acqua celeste in cui la ierogamia di Love ha luogo, e dai quali gli amanti allo stesso tempo emergono, è il geroglifico di uno spazio pittorico mitico, uno spazio che sospende la pittura tra un passato appena iniziato e un futuro appena finito.
Dal testo in catalogo Blue. The Resistance of Painting di Mario Diacono, in “Luisa Rabbia. Love”,
2017, Cinisello Balsamo, Milano: Silvana Editoriale; Reggio Emilia: Collezione Maramotti, pp. 5-6.