Pulcinella
Pulcinella di Arianna Benedetti riflette l’anima beffarda e irridente della celebre maschera della Commedia dell’Arte. La danza è ricca guizzante e articolata e, nell’alludere a fatti della vita, sembra principalmente trovare la sua ragione d’essere dall’affrontare brillantemente le sfide lanciate dalla musica effervescente di Stravinskij.
La bravura dei danzatori del NuovO BallettO di ToscanA è esaltata da uno sfogo inarrestabile di movimento, fantasioso e spettacolare, energetico ed espressivo.
Una rivisitazione contemporanea dell’ambiguo gioco delle parti dell’eterna commedia umana.
Arianna, Pulcinella e Stravinskij
La connotazione musicale di Pulcinella – Stravinskij che negli anni Venti del Novecento rilegge, attraverso suoi inediti, il compositore del Settecento italiano Giovan Battista Pergolesi – ammanta questo titolo di una patina di storia. E sembra fissarlo, appunto, in un determinato momento del teatro coreografico diaghileviano – quando il leggendario impresario, ispirato dalla bella Italia iniziò a ripensarne canoni poetici e musicali attraverso i suoi fidati compositori (oltre a Stravinskij, Respighi e Tomasini) e il coreografo del periodo, Leonide Massine, venne chiamato a rileggere canovacci della Commedia dell’Arte e a trarre materia drammaturgica per le sue ‘azioni danzanti’.
Tuttavia nel corso del tempo il titolo è stato più volte reinterpretato da coreografi di gusto, cultura, formazioni e concezioni estetiche diverse. A spingerli più che l’intreccio narrativo è stato il dinamismo stravinskijano che ridà vigore e vitalità alla grazia talvolta malinconica delle melodie pergolesiane. La parola dinamismo non è detta a caso. Sollecita l’idea di velocità, scarti di energie e ritmo, evoluzioni nello spazio. In una parola la danza, tout court. Non a caso molti sono anche i coreografi di linguaggio non classico e lontani dalle regole del balletto narrativo hanno subìto il fascino di Pulcinella.
Nella storia del Balletto di Toscana, per esempio, già Virgilio Sieni, nel 1990, coreografò un’inattesa e felice versione del titolo affidandosi soltanto alla musica e traducendola in gesti e rimandi esotici – alludendo solo simbolicamente all’origine orientale e mistica che si intravede in questa ‘maschera’ ambigua e duale.
Ora tocca ad Arianna Benedetti, che in quanto coreografa nata con lo studio e l’elaborazione delle danze vernacolari (hiphop e break-dance in tutte le declinazioni) e poi maturata nella ricerca coreografica di matrice contemporanea, si affida con una sensibilità da ‘neofita’ all’importante incontro con Stravinskij.
Se l’essenza fortemente umana dell’eponimo Pulcinella spinge l’autrice a trovarne assonanze nella propria sensibilità, e percepirne risonanze nella comune condizione umana, alimentata da dolori e gioie, soprusi e ribellioni, tenerezze e dispetti, questi stessi stati d’animo e umori diventano i variegati mood di una danza estremamente esigente e appunto dinamica. Una danza, che appare ricca guizzante e articolata e che, nell’alludere a fatti della vita, sembra principalmente trovare la sua ragione d’essere dall’affrontare brillantemente le sfide lanciate proprio dalla musica. Certo c’è l’outsider, ora uomo, ora donna (perchè siamo tutti dei Pulcinella, no?), che si contrappone alle convenzioni di un mondo incasellato e coercizzato – come ci suggerisce anche la struttura cubica da cui i danzatori entrano ed escono compatti. Certo c’è lo sberleffo, l’ironia con cui si stemperano l’amarezza e l’umiliazione e c’è l’eterna lotta tra arroganti e sottomessi e, naturalmente, tra uomini e donne: in una parola tutto l’ambiguo gioco delle parti dell’eterna commedia umana.
Ma soprattutto c’è una logica coreografica che si mette a confronto con la sardonica, effervescente sonorità di Stravinskij, con la giustapposizione dei ritmi e dei timbri con cui il compositore russo reinventa il settecento e lo rende moderno. In queste tonalità, negli accenti acuti, nelle nenie cullanti, nella luminosa orchestrazione inventata da Stravinskij Benedetti trova infatti il vero viatico per il suo Pulcinella, dando sfogo ad un flusso inarrestabile di movimento, fantasioso e spettacolare, energetico ed espressivo, che esalta la bravura dei suoi interpreti e da loro ne esce ulteriormente valorizzato.
Silvia Poletti
Coreografia Arianna Benedetti
Musica Igor Stravinskij e Giovanni Battista Pergolesi
Consulente musicale Francesco Novelli
Nuova drammaturgia Andrea Di Bari
Costumi Santi Rinciari
Luci Carlo Cerri
Interpreti Lisa Cadeddu, Francesca Capurso, Matilde Di Ciolo, Roberto Doveri, Veronica Galdo, Angelica Mattiazzi, Aisha Narcisco, Niccolò Poggini, Paolo Rizzo, Enrica Sabella, Alessandro Torresin
Direttore Compagnia Cristina Bozzolini
“Quando i vocaboli formali del passato vengono completamente rifusi nel crogiuolo della sensibilità e del gusto di un artista appartenente ad un’epoca posteriore, essi possono benissimo ricevere una nuova investitura significativa e comporsi in opere nuove e originali”. Così pensava Roman Vlad a proposito del Pulcinella di Igor Stravinskij nella cui partitura quel genio camaleontico vi travasò le musiche di Pergolesi (o a lui attribuite).
In esse il compositore russo trovò, per la sua capacità di forgiare il nuovo partendo dalla tradizione, quel Settecento napoletano sprizzante vivacità ritmica, schiettezza popolaresca e gestualità vivacissima. La sua geniale vena si unì, in questa creazione, a quella di Leonide Massine e di Picasso, che divenne un balletto grazie al leggendario impresario dei Ballets Russes di Diaghilev, per un originale affresco partenopeo col caratteristico plot da commedia dell’arte. Il pensiero di Vlad vale più che mai per la danza tout court, quel variegato linguaggio contemporaneo che ha riletto il balletto narrativo portandolo in ambiti astratti, simbolici, esotici, e quant’altro.
Molti i coreografi contemporanei che si sono sperimentati, con approcci diversi, sulla musica e sulla celebre maschera, anche esulando da essa. Perché sono soprattutto le sonorità stravinskijane a dettare l’ordito coreografico. Su quella pulsazione ritmica irrefrenabile e tagliente animata da ritmi danzanti e canto, ha ora immesso il suo forte segno autoriale la coreografa Arianna Benedetti creando (con la drammaturgia di Andrea Di Bari) per il Nuovo Balletto di Toscana diretto dalla sempre appassionata Cristina Bozzolini, una notevole, importante versione di Pulcinella. Ed è sulla malleabile fisicità articolare dei giovanissimi interpreti che la coreografa livornese plasma segni e movimenti di chiara ascendenza break, modern, urban inglobata dentro un lessico marcatamente contemporaneo. Sono corpi rigorosi che si muovono ora fluidi, ora meccanici, sempre espressivi, alimentando una vitalità ritmica, ricca di posture e di pensieri, che asseconda quella timbrica della musica immettendovi un afflato lirico.
La composizione ruota attorno ad una sottile ossatura cubica smontabile, dentro e attorno alla quale si entra, si sosta, si esce, si ritorna, diventando casa, rifugio, gabbia, luogo costrittivo ma anche spazio liberatorio, fino al suo scomporsi. Dentro questa struttura si presenta, all’inizio, tutto il gruppo in larghe camicie bianche, mentre una fuoriuscita – Pimpinella? – rompendo il ritmo meccanico dei tanti Pulcinella, articolandosi come una marionetta, raggiunge il protagonista solitario (il bravo Roberto Doveri, dall’intensa leggerezza meditabonda) che intanto avanza lateralmente dalla semioscurità. Anche lui prenderà vita.
L’avvio è subito energico. E così si svilupperà senza cedimenti l’intero congegno danzante che moltiplica il Pulcinella in una figura femminile contrapposta o uguale. Sono sequenze impeccabili di nuovi impulsi e declinazioni da breakdance, distorsioni e deformazioni col gruppo in tensione costante nella mutevole articolazione dei movimenti che catalizzano lo sguardo. Nel susseguirsi, senza interruzione, dei diversi quadri, s’intravede un disegno coreografico che dice l’eterna commedia umana tra ribellioni e sottomissioni, ilarità e amarezze, soprusi, ironia, dispetti, schermaglie tra uomini e donne. E sfida anche con la Morte. Una gamma di sentimenti e di azioni contrastanti assestati in alternati duetti e terzetti, in assoli osservati dal gruppo per lasciare spazio a coralità e a quartetti – come quello degli uomini uniti in una corsa circolare, poi smembrata e ricomposta con saltelli e fughe in avanti, mentre avanza un altro quartetto al femminile –. Alla fantasiosa successione di plastici raggruppamenti, di movimenti carponi simulanti un gregge – il canto della Pastorella –, di gesti ora cullanti ora scattanti, di giri, rotolamenti e immobilità, di prese improvvise e sospensioni nel formarsi di coppie, sopraggiunge un dinamico e pungente duetto finale dentro lo spazio cubico. I gesti ripetuti della stretta di mano, gli avvinghiamenti e i piccoli salti, gli allungamenti di braccia, le scosse dei corpi con fughe e rientri nella struttura, ne fanno un vero gioiello coreografico.
Siamo tutti dei Pulcinella nel gran teatro della vita, sembra dirci in ultimo Arianna Benedetti, coreografa che rivela un più che maturo e peculiare linguaggio. E supera la non facile prova di tradurre un pensiero danzante sulla brillantezza della musica di Stravinskij. Da elogiare la bravura di tutta la compagnia – in particolare Roberto Doveri e Matilde Di Ciolo, interpreti da tenere d’occhio -, pronta per nuove sfide.
Giuseppe Distefano