Pollicino offre al pubblico un’occasione per confrontarsi con il sentimento della paura.
La storia di Pollicino è, infatti, una “fiaba scura”: “come fate a dormire? Sarà la paura, ma io non ci riesco”, dice Pollicino ai fratelli maggiori.
Il protagonista della vicenda è piccolo, ma la sua paura, grande, non lo annichilisce. Ciò che, al contrario, lo rende vincitore di fronte alle avversità della vita è la curiosità ed il suo coraggioso desiderio di conoscere la realtà, anche nei suoi aspetti più crudeli.
È la curiosità che spinge Pollicino a vigilare su quanto dicono e fanno i genitori ed egli è in grado di avvertire con tempestività il pericolo e di attrezzarsi per farvi fronte.
Dalla casa del padre a quella dell’Orco, attraverso il bosco si avvia al mondo, verso altri boschi ed altre case…
Pollicino non fa ritorno a casa sua e non si perde: il suo viaggio continua. In compagnia dei fratelli.
Se è vero che Pollicino è solo a pensare, è altrettanto vero che, nel suo allontanamento da casa, egli solo non è. La presenza dei fratelli è calda, nel buio e nel freddo della notte. Anche nei momenti drammatici c’è qualcuno con cui giocare, con cui litigare, con cui affrontare l’ignoto.
Uno spettacolo dedicato a tutti i pollicini che, con leggerezza, attraversano i boschi del mondo. Anche quelli devastati dalle bombe.
Lo spettacolo è agito da un attore-narratore che vive e racconta la vicenda, evocandola e rapportandosi, a volte direttamente, al pubblico. La narrazione ed il rapporto con gli spettatori sono ironici, comici, a tratti di stile popolaresco, con frequenti parentesi dialettali in un dialogo scanzonato dalle cadenze romagnole. Gli oggetti di scena e la scrittura dello spazio offrono un esempio di “teatro di narrazione con oggetti”, caratteristico della storica collaborazione fra Claudio Casadio e Marcello Chiarenza.
Il lavoro offre molti spunti di riflessione ed approfondimento: sotto il profilo della fiaba classica (il ruolo del protagonista, il bosco come spazio totale, le case dei genitori e dell’Orco, il topos dell’abbandono e quello del divoramento, la catarsi finale e la soluzione positiva della vicenda); sotto il profilo del linguaggio e sotto quello psicologico nella relazione della vicenda con l’esperienza esistenziale dei bambini e la loro capacità di “salvarsi”.