Atene presenta il re-enactment come re-enchantment (ri-incanto):
un richiamo all’azione del naturale all’interno del culturale, una visita ai modelli di differenza, una passeggiata attraverso la rete della vita che alimenta le realtà (para)urbane, la creazione artistica, le comunità più che umane.
Otto delle brevi performance di danza presentate negli spazi museali nel 2021 sono state riadattate e avranno luogo negli spazi dell’Università Agraria di Atene (AUA).
La terza università pubblica più antica della Grecia è situata nel cuore pulsante della capitale e si estende su una vasta area di orti botanici, serre, campi coltivati, ricoveri per animali, fienili, vigneti, unità di apicoltura e compostaggio, laboratori di conservazione, aule didattiche, un museo e una biblioteca, importanti archivi di materiali, centri di aggregazione per studenti, depositi di semi, un tesoro di rappresentazioni artistico-scientifiche della flora greca.
L’AUA è emblematica perché condivide l’area storica e in via di sviluppo di Votanikos (Orto Botanico) con piccole imprese abbandonate e nuove, con unità industriali riconfigurate e spazi artistici indipendenti, con locali notturni e case.
Le sue unità accademiche si estendono su entrambi i lati della “Via Sacra” (Iera Odos) che collegava Atene a Eleusi – l’antico centro del culto dei Misteri – e confinano con gli importanti siti archeologici di Kerameikos e dell’Accademia di Platone.
Se è vero che nessuna città può essere “ideale” e nessuna arte può parlare di cambiamento se non è animata da una consapevolezza cosmoecologica e da una pedagogia fertile, le MicroDanze di Atene si confrontano con il laboratorio attivo del corpo urbano, con le sue economie a lungo termine e le sue circostanze precarie.
Ci muovono attraverso il luogo in cui si trova questa importante istituzione agricola greca con un’estensione internazionale, come all’interno dello “stomaco” aperto della città e delle sue molteplici reti. Lì dove la politica del cibo incontra il futuro del pensiero integrale e le ecologie creative crescono nello studio, nella coltivazione di una cosmopolitica quotidiana e incarnata.
Ognuno dei pezzi di danza riprodotti emerge organicamente da questo ricco ecosistema. Ognuno di essi offre una pausa e una celebrazione delle varie funzioni e del loro valore simbiotico:
– la piazza centrale, architettonicamente imponente;
– la sala dell’edificio centrale con l’antico ulivo conservato;
– l’antico cortile laterale;
– il vivaio semi-nascosto;
– la serra di vetro per la floricoltura;
– i meandri degli spazi interstiziali;
– l’area di arboricoltura;
– il capannone dei trattori vicino al vecchio arboreto, i vicoli fioriti e i sentieri che si biforcano, l’affollato corpo studentesco, la polifonia della vita, la natura itinerante della conoscenza.
Immersi nel paradosso di un’atmosfera rurale all’interno di un paesaggio urbano contemporaneo, possiamo ricordare le radici stesse dell’idea di città, la capacità di risposta dei corpi che ne plasmano il futuro, il selvaggio che vive sempre nel cuore del domestico.